C'è una serie di quadri, dal titolo "Il bambino che piange", la cui storia fa a dir poco accapponare la pelle.
Si narra che il pittore spagnolo che li dipinse, Bruno Amadio
( (1911-1981), costrinse con la forza i bambini dei suoi quadri a
posare per lui ininterrottamente, fino al completamento della serie.
Di tutti questi ritratti, uno fra tutti è legato a una maledizione che, dal 1981 circa - data del decesso di Amadio stesso, perseguita coloro che ne posseggono una copia.
Alla
morte del pittore sivigliano, il quadro si diffuse in Inghilterra a una
rapidità senza precedenti, raggiungendo un picco di vendita nel 1985, anno in cui cominciò a divulgarsi la notizia di misteriosi eventi legato a "Il bambino che piange".
Il 4 settembre 1985,
infatti, il Sun pubblicò il primo articolo sull'opera additandola come
maledetta. Secondo la dichiarazione di un vigile del fuoco, Peter Hall,
in quegli anni, una serie di incendi coinvolse un numero sconvolgente di
abitazioni in tutto il Regno Unito, bruciando solamente le case
contenenti il quadro che, al contrario degli edifici, rimaneva intonso.
Dopo
la pubblicazione dell'articolo, molte persone contattarono la redazione
del giornale, testimoniando di essere state coinvolte in un incendio
poco tempo dopo aver acquistato il malefico dipinto.
Tuttavia, nonostante gli sforzi di comprendere il mistero
che si cela dietro a quest'opera d'arte, le teorie sull'identità del
ragazzo sono molteplici e ancora inspiegate. Secondo alcuni il piccolo
era un orfano maltrattato e forse anche abusato da Amadio, secondo altri i suoi genitori morirono in un incendio ed è il suo spirito, intrappolato nel quadro, a dar fuoco alle abitazioni in cui è costretto. Altri ancora sostengono che Bruno Amadio fece un patto con il diavolo
per vendere i suoi dipinti e Belzebù, per l'appunto, accontentò la sua
richiesta dal giorno della sua morte in poi per seminare terrore e
distruzione.
Comunque sia,
nell'ottobre dello stesso anno, fu organizzato un falò a Londra in cui
furono bruciate moltissime copie del dipinto, anche se sono ancora molte
le restanti copie ancora esistenti custodite dai loro ignari
proprietari.
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